Ocho Durando è un artista argentino noto per essere stato tra i precursori della land art, sostenitore dell’importanza di un rapporto privilegiato tra l’uomo e la natura.
Ha vissuto una vita nomade viaggiando per il mondo, interessandosi delle società e culture più diverse e inserendo nei propri lavori tracce di questi incontri.
Artisticamente Durando è un outsider che ha scelto di dedicarsi a un percorso artistico assolutamente personale e indipendente dalle correnti artistiche mainstream. Ha lasciato proprie opere in tutti i paesi in cui ha vissuto.
BIOGRAFIA
Aurelio Benedicto Durando (14 febbraio 1934, Salta) nasce in Argentina da padre italiano (Giovanni, torinese) e madre argentina (Daniela). Il ramo materno della famiglia ha origini amerinde, cosa a cui Durando farà sempre risalire il proprio amore per la natura e gli spazi aperti. Trascorre una giovinezza tranquilla aiutando la famiglia nell’allevamento del bestiame…
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La giovinezza.
Fin da bambino Benedicto dimostra un forte interesse per la natura e gli animali e una spiccato senso dell’avventura. Ama la vita in campagna. Gioca volentieri con i coetanei ma, allo stesso tempo, cerca anche momenti di solitudine in cui fa lunghe passeggiate per esplorare il paesaggio circostante.
Si interessa di botanica, conosce le piante locali e le loro proprietà curative, impara a preparare con queste medicine naturali e a rappresentarle attraverso il disegno, con dovizia di particolari.
E’ molto curioso, desidera conoscere altri paesi, persone e culture. Per questo decide di viaggiare.
La Seconda Guerra Mondiale non lo tocca particolarmente fino al 1943, quando viene ucciso il fratello di suo padre, soldato in Italia.
E’ proprio grazie a un lascito dello zio che nel 1947 Durando comincia a studiare arte a Buenos Aires. Nonostante l’amore per la storia dell’arte, passione che lo seguirà tutta la vita, il rapporto con la grande città non è felice: Durando comprende per la prima volta che i ritmi di una metropoli gli sono estranei e alieni, e a questo si aggiunge la delusione per la seconda elezione di Juan Perón, di cui non è sostenitore.
Nel 1951 inizia a viaggiare da solo per il paese facendo lavori occasionali, esplorando la terra argentina e fermandosi – spesso per settimane intere – in zone isolate delle regioni di Cuyo e della provincia di Jujuy. Questi anni di volontario isolamento sono il primo periodo di profonda riflessione in cui Durando realizza le prime opere e inizia a definire il nucleo della propria esperienza artistica in rapporto con la natura e l’arte.
Il viaggio negli Stati Uniti.
Nel 1952 Durando parte per gli Stati Uniti, dove ha l’occasione di incontrare Ernest Hemingway, di cui conosce le opere. I due diventano presto compagni di bevute e di pesca. E’ proprio Hemingway a soprannominarlo scherzosamente Ocho per via del suo amore per la vita tranquilla, nome che da questo momento l’artista adotterà come proprio. Dopo qualche mese in Florida Durando riprende la vita nomade che ormai gli è caratteristica: inizia a viaggiare per gli Stati Uniti esplorandone le bellezze naturali ed evitandone le grandi città. Anni dopo dirà: “In dieci anni che ho passato negli Stati Uniti non ho mai visto Los Angeles, e sinceramente non mi è mai mancata”.
“La libertà dell’uomo”.
Ogni volta che Durando arriva in un luogo che gli è congeniale cerca un’occupazione per sopravvivere e inizia a osservare l’ambiente circostante per capire come e dove realizzare le proprie opere. Nel corso degli anni è stato manovale, fattore, guardia boschi, segretario, istitutore privato, e in anni recenti insegnante d’arte.
Le lettere.
Lo stile di vita itinerante scelto da Durando comporta ovviamente difficoltà logistiche non indifferenti sul fronte dei rapporti personali. Non avendo una dimora fissa, né programmi a lungo termine, per gli amici dell’artista non era semplice tenersi in contatto con lui, ma Durando si fa arrivare la posta nel centro abitato più vicino alla sua residenza del momento e si premura di avvertire tutti ogni volta che si sposta. Pur avendo scelto una forma di eremitaggio volontario, l’artista argentino è molto legato alle – poche – buone amicizie che stringe nel corso dei suoi viaggi, mantenendone alcune per oltre trent’anni.
Ocho Contento.
Al ritorno dal viaggio negli USA, rimane per 2 anni a casa dei genitori,a Salta, collaborando nella gestione dell’allevamento di bestiame e coltivando vari tipi di piante officinali e erbe aromatiche. Con queste prepara dei rimedi naturali per curare diversi disturbi e apre una bottega in cui venderli.
Famoso il preparato del buon umore “ocho contento”, confezionato dentro scatole disegnate da Benedicto, che molti suoi clienti tornano ad acquistare poichè grati degli effetti benefici.
Benedicto si impegna molto in questa nuova attività e ha numerose soddisfazioni. Lavorando in bottega conosce una ballerina di tango di origine cilena, Malena Rios. Malena è una giovane donna, dai tratti gentili ma decisi, bruna con gli occhi scuri e profondi.
Malena è una cliente affezionata e Benedicto, conquistato dal suo aspetto e dal suo modo di fare, le spiega qualcosa sulle proprietà di piante ed erbe ogni volta che si reca in bottega. Un giorno le chiede se è disponibile a farsi ritrarre da lui e Malena acconsente volentieri.
La giovane rimane sbalordita del risultato artistico ed è colpita dall’interiorità che in quel quadro l’autore rivela.
I due si innamorano e Malena diventa fonte di ispirazione di numerose opere del periodo in cui Benedicto approfondisce la rappresentazione della figura femminile dai tratti talora materni talora sensuali.
La Jamaica.
Nel 1964 Benedicto decide di seguire Malena in Jamaica dove deve recarsi per alcuni mesi. La donna infatti è stata ingaggiata per danzare in un hotel situato lungo la costa nord dell’isola, luogo frequentato, da quando Colombo ci sbarcò la prima volta, da molti europei, soprattutto turisti, durante il periodo estivo.
Presso questo hotel Bendicto si offre di lavorare come fac-totum mentre nel tempo libero dipinge splendidi paesaggi, conquistato dalle meraviglie della natura circostante, e vende i propri quadri ai turisti.
Malena e Ocho sono benvoluti e stringono amicizia, oltre che con il proprietario dell’hotel, Michele (statunitense di origine italiana), anche con i camerieri, i cuochi e gli abitanti del paese vicino.
Per questo rimangono a lavorare presso l’hotel per ben tre anni, finchè non giunge a Benedicto la notizia che il padre Giovanni è gravemente malato. I due allora lasciano la Jamaica a tornano a Salta.
In seguito alla loro partenza, Michele fa richiesta alle autorità locali di intitolare ai due giovani argentini la spiaggia adiacente al proprio hotel. Da allora quella spiaggia viene comunemente chiamata Ocho-Rios.
Le origini.
Nel 1967 Benedicto torna con Malena a Salta. La situazione in famiglia è piuttosto difficile: il padre molto malato e la madre addolorata.
Nei giorni successivi al suo ritorno, Benedicto passa molto tempo a parlare con il padre che ricorda la sua infanzia, argomento che Benedicto, prima di questo momento, conosceva molto poco.
Nato nel 1904 a Torino, ultimo di 7 figli, Giovanni lascia l’Italia insieme a due zii. I genitori, date le condizioni di povertà in cui si trovavano e la necessità di assicurare un futuro a tutti i loro figli, avevano deciso di affidare il più piccolo agli zii decisi a cercare fortuna in Argentina.
Nonostante le buone intenzioni dei genitori però, Giovanni soffrì molto per la lontananza dalla famiglia e non si spense mai in lui, nonostante gli anni, il desiderio di rivedere almeno qualcuno dei suoi fratelli.
Alla conclusione del colloquio chiede quindi a Benedicto di recarsi nella sua città natale a cercare i propri zii chiedendo loro di poter giungere a Salta per riabbracciare il fratello malato.
Torino.
Per questo, nel dicembre del 1967, Benedicto parte per Torino alla ricerca di Carlo, Giacomo, Bruno, Alberto, Anna e Maria Durando mentre Malena rimane a Salta per accudire Giovanni e aiutare Daniela.
A Torino Benedicto trova un ambiente molto vivace. Nonostante si tratti di una grande città, vive un’esperienza diversa dagli anni passati a Buenos Aires. Il 27 novembre del 1967 era iniziata l’occupazione studentesca di Palazzo Campana, che era la sede delle facoltà umanistiche dell’ Università di Torino: i giovani lottano per il sogno di cambiare vita, per un’idea democratica della cultura e, nonostante il clima non sia affatto tranquillo, Benedicto è affascinato da quello che sta succedendo.
Per conoscere più da vicino questo mondo in subbuglio cerca di entrare al Liceo artistico Passoni come insegnante e riesce, grazie ai buoni rapporti allacciati con il preside, ad ottenere un posto per alcuni mesi come supplente di Storia dell’arte.
Questa nuova esperienza dell’insegnamento lo appassiona ed è per lui un forte stimolo per sviluppare ulteriormente il suo percorso artistico, rielaborando quanto appreso e sperimentato negli anni precedenti. Gli allievi lo amano molto e seguono con buoni risultati le sue lezioni.
A Torino conosce Primo Levi che all’inizio dell’anno 1968 è ormai prossimo alla partenza per Israele dove intende recarsi con un gruppo di partigiani. Con lui trascorre parecchio tempo: ognuno racconta la propria storia, fatta di vicende personali e di attualità; Levi la seconda guerra mondiale, Benedicto il peronismo degli anni a Buenos Aires. Tra i due nasce una profonda amicizia che si manterrà negli anni, nonostante la distanza.
Nelle opere di questo periodo si vedono ritratti in particolare persone e fatti dell’attualità. La natura è presente, rappresentata con la cura e delicatezza tipiche dell’autore, come elemento del contesto capace di ingentilire il paesaggio urbano che fa da sfondo.
Il ritorno.
Purtroppo la ricerca degli zii non ha successo, sembra che nessuno sia rimasto in città. Qualcuno deve essersi spostato sicuramente a Roma, qualcun altro a Milano. Allora, raggiunto dalla notizia che il padre è in fin di vita, Ocho torna a Salta per dare l’estremo saluto al padre che poco dopo muore. Siamo gli inizi del 1969.
Per alcuni anni Benedicto rimane in Argentina, accanto alla famiglia. L’esperienza al Passoni l’ha segnato positivamente e decide pertanto di cercare un posto come docente nelle scuole di Salta. Nel 1970 diventa professore al liceo Cultural Docente dove insegna ritratto.
Nel 1971 nasce Miguel Durando, primo e unico genito di Malena e Benedicto, un bimbo dai tratti amerindi come la madre ma vivace e curioso come il padre.
Negli anni a venire Benedicto si dedica alla scuola e all’educazione di Miguel senza però abbandonare mai l’arte. Continua la sua ricerca figurativa del paesaggio e, osservando i primi approcci al disegno del piccolo, si interessa al linguaggio grafico infatile, come forma “primitiva” di visualizzazione di concetti. Nelle opere di questo periodo è evidente la ricerca dell’essenzialità del tratto e l’uso espressionista del colore.
Nel 1977 Malena apre, insieme ad alcune colleghe, una scuola di tango e poco dopo, nel 1980 muore Daniela, la madre di Benedicto.
Roma.
Venendo a mancare la madre, ultimo elemento rimasto della sua famiglia d’origine, a Benedicto torna l’idea che in fondo non aveva mai abbandonato definitivamente, quella di ritrovare gli zii paterni. Per questo nel 1992, quasi 60enne, lascia l’insegnamento pur con un certo rammarico, e decide di trasferirsi a Roma con Malena e Miguel.
A Roma, grazie a dei contatti avuti dal preside del Pasotti, trova alloggio provvisoriamente presso Casa Don Orione, una struttura religiosa che offre ospitalità ai pellegrini. Qui conosce un sacerdote, don Paolo Brizzi, al quale raccolta la propria storia e il motivo della venuta a Roma.
Tra i due nasce una profonda amicizia e Benedicto finisce così ad insegnare educazione artistica presso l’istituto Sant’Orsola di Roma dove don Paolo è preside.
Nel frattempo Miguel comincia gli studi in Scienze Naturali presso l’Università La Sapienza di Roma.
Un giorno Paolo dice di aver saputo che presso la casa di riposo “Le Grazie” vive un sacerdote ormai ultra 90enne, un certo don Carlo Durando. Grazie all’aiuto dell’amico, Benedicto riesce ad incontrare don Carlo che si rivela essere proprio uno degli zii tanto cercati. Attraverso le parole del vecchio, Benedicto riascolta la storia del padre e comprende meglio come la scelta di lasciare agli zii il piccolo Giovanni Durando, fosse probabilmente l’unico modo possibile, date le circostanze, per far sopravvivere i figli.
Questo lungo dialogo è per entrambi molto toccante, per Benedicto significa fare pace con il passato del padre e in particolare con il dubbio che fosse stato abbandonato dai propri genitori, dubbio per il quale Giovanni aveva sempre sofferto.
Lo zio informa poi Benedicto che è in corso presso la Santa Sede una causa di beatificazione di un loro avo, padre Marcantonio Durando, sacerdote impegnato nell’aiuto ai poveri e a tutte le persone in difficoltà, morto il 10 dicembre 1880 e sepolto presso il santuarietto della Passione, annesso alla Chiesa della Visitazione di Torino.
In questo periodo le opere di Benedicto ritraggono soprattutto soggetti legati alla famiglia: l’amata Malena, il figlio Miguel, l’amico Paolo, lo zio Carlo e il paesaggio romano fatto di elementi naturali, reperti archeologici, architettura antica e moderna.
Nel 1997 Miguel si laurea, nel 2001, anno in cui Benedicto lascia l’insegnamento, si celebra la festa per la beatificazione dell’avo Marcantonio Durando.
Milano.
Dopo il capodanno del 2010, Benedicto e Malena si trasferiscono a Milano dove, grazie a dei contatti di don Paolo, hanno appuntamento con Mariella, gallerista interessata ad esporre le opere di Benedicto che nonostante i suoi 75 anni è ancora un uomo e un artista pieno di iniziativa.
In una fredda mattina di febbraio, in un bar di via Durando a Milano, Benedicto prende caffè al banco mentre consulta una piantina della città e ripercorre il tragitto per raggiungere da lì la galleria di Mariella. Non riesce però ad orientarsi facilmente, Milano è una davvero una città caotica e, pur avendo vissuto a Buonos Aires e a Torino, la confusione della grande città lo mette sempre un po’ a disagio.
Si guarda intorno e nota ad un tavolo tre giovani che conversano animatamente. E’ colpito da tanta vivacità e quella situazione gli rammenta i lavori di gruppo che, su sua indicazione, i ragazzi sviluppavano in classe. Che bei ricordi!
Decide allora di avvicinarsi e domandare a loro le indicazioni per raggiungere via Lambruschini, dove deve incontrare l’amica di don Paolo.
Alla sua richiesta, uno dei tre giovani, risponde velocemente dando le indicazioni necessarie ma l’aspetto di Benedicto colpisce un altro di loro che chiede informazioni sulla sua provenienza.
Benedicto non sapendo bene cosa rispondere, sentendosi un po’ argentino ma anche un po’ italiano e, dopo la bellissima esperienza ad Ocho-Rios, anche un tantino giamaicano, comincia a raccontare la sua storia.
Benedicto cerca di sintetizzare ma i tre ragazzi si appassionano e gli fanno molte domande. Il tempo passa ma nessuno sembra accorgersene, tanto si fa piacevole e interessante il dialogo.
I tre ragazzi si erano dati appuntamento per discutere, davanti ad un buon caffè caldo, della loro agenzia di comunicazione che stava per nascere. Per questo il confronto era animato: tante idee cui dare una forma e un ordine. Anche al nome occorre pensare ma il racconto di Benedicto è talmente affascinante che cattura la loro attenzione per ben due ore. Ad un tratto Benedicto realizza di essere molto in ritardo per l’appuntamento con la gallerista e quindi si congeda velocemente manifestando però ai ragazzi il desiderio di rivederli.
Dopo il sorprendente incontro con Benedicto, soprannominato Ocho, in quella fredda mattina di febbraio, i tre ragazzi decidono di chiamare la loro nuova agenzia Ocho Durando, in onore di quell’uomo straordinario che nella sua vita non ha mai smesso di crescere e di coltivare ciò che ama. Inoltre, sempre per ricordarlo, l’agenzia viene fondata ufficialmente il 14 febbraio, giorno del suo compleanno.